mercoledì 9 marzo 2011

Il Risorgimento nel cinema di Beatrice Barbalato

Con il ciclo Il Risorgimento nel cinema si è scelto principalmente di rispecchiare due visioni antagoniste del processo di unificazione dell’Italia: una epica, corale, l’altra critica volta a sottolineare lo iato fra intelligentzia e popolo, fra sud e nord.

Il dibattito sulla partecipazione dal basso all’impresa risorgimentale ha preso forma soprattutto dopo la Seconda guerra mondiale. Il pensiero di Antonio Gramsci, che andava diffondendosi con la sua visione sull’intellettuale organico e le riflessioni sul concetto di popolo-nazione e di cultura nazional-popolare, l’influenza della Resistenza nella formazione della Repubblica, hanno contribuito a guardare al secolo precedente differentemente, con la volontà anche di avvicinarsi al paese reale in tutta la sua complessità. Si voleva trovare una forza nuova, un’identità a più ampio raggio, e, attraverso uno sguardo retrospettivo, mettere meglio a fuoco la questione meridionale, e il perché dello scivolamento dal senso di appartenenza nazionale al nazionalismo fascista.

Inoltre, negli anni di un dibattito politico e sociale molto acceso (dal dopoguerra agli anni ’70), di grandi trasformazioni sociali, quando attraverso le organizzazioni sindacali si rivendicavano i diritti dei lavoratori, molti intellettuali intendevano battersi per una società ad ampia e responsabile partecipazione civile, e trovare il nesso tra patria e democrazia.

La storia è da sempre sottomessa alla lettura del passato attraverso il presente. Il Risorgimento non ne fa eccezione. In occasione dei 150 anni della nascita della Stato italiano, molte iniziative sono in atto: anche queste costituiranno un corpus per comprendere l’idea che oggi, 2011, gli italiani giovani e meno giovani hanno del loro paese.

Il contributo del cinema al dibattito contemporaneo sul Risorgimento, e sull’identità degli italiani, è stato straordinario.

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